Firenze, 2 novembre 2006 |
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Se dovessi esprimere nella maniera più sintetica possibile il senso della evoluzione dei
prossimi decenni, non avrei alcun dubbio nel ricorrere a questa semplice
“equazione”, nella quale il senso del termine
“potere” è da intendere nella sua accezione più ampia ;
potere politico, nella capacità di imporre indirizzi alle azioni dei
governanti ; potere economico, nella possibilità di supportare
tale leadership. Come avviene per la interpretazione di tanti altri fenomeni dell’attuale fase evolutiva
e la conseguente capacità di previsioni, anche nel caso
dell’ “equazione” citata, l’evidenza della sua importanza è resa possibile dal
nuovo punto di osservazione offerto dalla Rivoluzione del Pensiero in atto (vedi "COMMEDIA 2000"), della quale il mondo della cultura è
sul punto, faticosamente, di acquisire coscienza.
Riferivo in altra occasione (lettera “L’Italia e la
globalizzazione” del 6.6.2005) di una importante indagine statistica condotta,
oltre trent’anni fa negli USA, sulla predisposizione delle varie etnie alla
produzione di software. I risultati riportavano al primo posto gli
Indiani e al secondo gli Italiani.
Facevo anche notare che esistono fondati motivi per ritenere che, se in tale ricerca il campione di Italiani
fosse stato rilevato solamente lungo la costa orientale della Sicilia, il primo posto sarebbe toccato
all’Italia.
In un momento storico critico soprattutto per il nostro Paese, nel quale si sta
operando, fra mille difficoltà, per sollevarlo dal fondo toccato dopo cinque lunghi anni, durante i
quali abbiamo assistito a una fase parossistica caratterizzata dal culto della illegalità,
proprio in questo momento, è opportuno porre attenzione ai due fatti appena fatti
notare. Noi Italiani, per comprensibili motivi antropologici,
possiamo e dobbiamo, primi fra tutti, prendere piena coscienza del portato
dell’attuale Rivoluzione del Pensiero e sfruttarne le enormi possibilità offerte, che la cultura corrente non è
ancora in grado di valutare.
A fronte di tale opportunità, direi meglio, di tale
necessità, occorre agire con
grande prontezza, allo scopo di sfruttare appieno le potenzialità che la natura
ci ha assegnato. Si tratta di un compito squisitamente politico,
che non va lasciato al nostro attuale mondo accademico, il meno aduso alla cultura della meritocrazia,
essenziale per il buon esito dell’operazione.
Le risorse economiche da impegnare sarebbero veramente minime rispetto ai risultati che si otterrebbero in breve tempo
e in misura sorprendente. Si tratterebbe di aprire, nel territorio
indicato, alcune Scuole per la progettazione del software, magari ricorrendo ad insegnanti di
altri paesi, di provate capacità. Agli allievi, selezionati con criteri
rigorosamente meritocratici, andrebbero assegnate borse di studio della
durata di qualche anno.
Diversi decenni di studio, di ricerca in differenti settori e di appassionato
interesse alle vicende della Politica, mi pongono nella condizione di scommettere sui risultati che avrebbe
in tempi brevi una siffatta operazione.
Le ricadute sarebbero molteplici e di diversa natura. Oltre agli ovvi vantaggi per l’intera Nazione,
si offrirebbe la più naturale ed efficace opportunità di riscatto al Mezzogiorno, ricco di capacità
intellettuali, oggi mortificate, tali da trascinare lo sviluppo del Paese. Nel momento
nel quale la globalizzazione impone una continua innovazione per non essere travolti dalla inarrestabile competizione,
sarebbe delittuoso non mettere in campo la nostra migliore risorsa, la creatività,
l’unica al riparo da ogni tentativo di imitazione.
È forse opportuno chiarire un aspetto che credo sfugga ai non addetti ai lavori.
È opinione comune che la produzione di software sia un fatto prevalentemente tecnico e che quindi richieda inclinazioni
di quel tipo. Se così può apparire nello sviluppare software a basso livello, al crescere del suo
grado di sofisticazione la realtà si mostra completamente diversa; divengono decisivi altri tipi di
inclinazioni: alla sensibilità, alla fantasia, al riguardo nei confronti del prossimo,
alla spiritualità. Data per scontata una sicura capacità razionale (di analisi), in poche
parole, sono indispensabili le caratteristiche innate che conducono ad atti creativi (capacità di
sintesi). Si comprende meglio, ora, come mai nella classifica citata all’inizio
compaiano ai primi due posti gli Indiani e gli Italiani?
Sono convinto che l’uomo che, meglio di ogni altro, potrebbe rendere questo
prezioso servizio all’Italia e all’Europa sia il nostro attuale Presidente del Consiglio,
Romano Prodi, che risponderebbe così nella maniera migliore alla fiducia espressa
dallo sterminato Popolo delle Primarie.
Alberto Acquaro
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